Di Andrea Persi
Il nostro Niccolò Machiavelli non aveva dubbi: “il fine giustifica i mezzi”. Qualche dubbio lo aveva invece Kevin Costner ne Gli Intoccabili di Brian De Palma sono alla fine del film confessa di aver violato le leggi che aveva giurato di difendere perché era giusto. La vita in effetti sembra essere troppo complessa per capire in certe situazioni quale sia la cosa corretta da fare. Un quesito che ha ispirato al cinema molti thriller politici e spionistici come Sotto il segno del pericolo, ultima, dignitosa, apparizione, di Harrison Ford nei panni dell’agente segreto Jack Ryan o Nessuna verità con l’inedita coppia Leonardo Di Caprio e Russel Crowe e che ora è il tema centrale del film del regista e sceneggiatore danese Per Fly, con la fotografia di Brendan Steacy (Titans, la serie tv Usa sui giovani super eroi dell’Universo Marvel) e le musiche di Todor Kobakov.
New York, 2002. Michael (Theo James) è un giovane agente di borsa che sogna di seguire le orme paterne ed entrare nelle Nazioni Unite come diplomatico. La sua occasione sembra arrivare quando l’importante funzionario Pasha (Ben Kinsgley) lo assume come collaboratore nella tutela del progetto Oil for Food, teso a garantire al popolo Iracheno, vittima delle sanzioni internazionali generi di prima necessità in cambio di petrolio. Michael, però, si accorgerà ben presto di quanto sia forte la speculazione e la corruzione attorno al progetto umanitario.
Per raccontare il più grande scandalo economico che abbia coinvolto le Nazioni Unite, Fly prende spunto dal libro di Michael Soussan, che da anche il titolo originale al film, Backstabbing for Beginners (letteralmente Pugnalate alla schiena per principianti) utilizzando l’alter ego filmico dell’autore, realmente coinvolto, quando aveva appena 24 anni, nella vicenda, come io narrante, facendo spesso ricorso ai salti temporali indietro e in avanti e alla tecnica, usata in pellicole quali Forrest Gump e Contact, di inserire, in nome di un maggiore verosimiglianza, attraverso la tecnologia computerizzata personaggi reali, come l’allora segretario Onu Kofi Annan, che interagiscono con i protagonisti. Se tali espedienti uniti a una riflessione molto accentuata e cruda sulla necessità, per dirla con Sorrentino, di accettare il male per avere il bene, rendono il film interessante e avvincente lo sviluppo della trama, nonostante l’impegno dell’ex fotomodello Theo James e dei veterani Ben Kinsgley e Jacqueline Bisset (nel ruolo del funzionario Onu Christina Dupre), risulta alquanto prevedibile e privo d i particolari guizzi narrativi pur rimanendo nel complesso godibile. Non troppo felice, inoltre, è poi la scelta di romanzare, in nome della suspense, alcuni eventi e personaggi, che riesce solo a confondere lo spettatore sullo svolgimento dei fatti che certamente meritavano un maggiore rispetto storico.
Nel complesso, comunque, un buon thriller spionistico per gli appassionati del genere.