Tra le novità di questa seconda edizione dell’era Covid oltre alla doppia location, il mitico dolby Theatre e la Union Station di Los Angeles arredata come la sala Colorado dell’Overlook Hotel (boh?), la conduzione autogestita dalle star che si sono alternante per presentare i candidati e consegnare i premi, finalmente (ri)troviamo il pubblico in sala: 170 selezionatissimi invitati senza mascherina ma che hanno rispettato tutte le altre misure antivirus possibili e che hanno rappresentato un bel segnale di speranza per un prossimo ritorno alla normalità.
Vince Nomadland di Choe Zhao (regista del prossimo capitolo dell’Universo Marvel sugli Eterni) che conquista anche il premio per la miglior regia e per la migliore attrice con Frances Macdormand con una storia, in uscita nei cinema (che bello poterlo scrivere di nuovo!!!!) il 29 aprile e su Disney Plus il giorno seguente, di una donna costretta a vagabondare per gli Stati Uniti dopo aver perso tutto a causa della Grande Recessione del 2009. Una storia dai toni post-apocalittici quanto mai attuali.
Statuetta come miglior attore protagonista per Anthony Hopkins con The Father (dramma, vincitore anche del premio per la miglior sceneggiatura originale) su di un uomo la cui vita e i ricordi iniziano a sfumare via a causa della vecchiaia. L’attore gallese, ringraziando con un video girato da casa sua, ha anche reso omaggio al collega Chadwick Boseman, placando subito le polemiche per la mancata assegnazione postuma del premio al prematuramente scomparso protagonista di Black Panther, qui in lizza con Ma Rainey’s Black Bottom.
Oscar come miglior attore non protagonista a Daniel Kaluuya per il biopic Judas and the Black Messiah (vincitore, a scapito della nostra Laura Pausini, anche per il premio per la miglior canzone) sulla breve e tumultuosa vita del leader del Partito delle Pantere Nere, Fred Hampton.
Migliore attrice non protagonista, invece, è la sudcoreana Yoon Yeo-jeong per Minari, pellicola che racconta la storia di una famiglia coreano-americana in viaggio dal Pacifico alla realtà rurale dell’Arkansas.
Premio per la miglior sceneggiatura non originale va a Una donna promettente, commedia – thriller che ci riporta nelle atmosfere di un Giorno di ordinaria follia di Joel Schumacher, su tema, tanto caro agli Americani sul sottile confine tra Giustizia e vendetta.
Miglior film straniero è invece Un altro giro di Thomas Vinteberg (per il quale già si parla di un remake hollywoodiano con Leonardo Di Caprio) un’originale opera incentrata su un gruppo di intellettuali che credono di risolvere i loro problemi esistenziali mantenendosi costantemente in stato di ebbrezza in una sorta di “Trainspotting ad alta gradazione alcolica”
La Disney conquista senza grosse sorprese il premio per il miglior film d’animazione e migliore colonna sonora con Soul, avvincente e innovativa riflessione a ritmo di jazz sul senso della vita
Tra gli Oscar tecnici Mank (patinata e surreale biografia di David Fincher dello sceneggiatore Herman J. Mankiewicz, interpretato da Gary Oldman) conquista la migliore fotografia e scenografia, mentre a Sound of Metal (pellicola su di un batterista rock che sta perdendo l’udito) quelli per il miglior sonoro e il miglior montaggio e il già citato Ma Rainey’s Black Bottom (biopic tratto dall’omonima opera teatrale sulla cantante blues Ma Getrude Rainey) quelli per il miglior trucco e i migliori costumi, battendo Pinocchio di Matteo Garrone.
Chiudono la lista dei premiati Il mio amico in fondo al mare per i documentari, Due estranei per il miglior corto, Colette per il miglior documentario breve e il toccante Se succede qualcosa, vi voglio bene (disponibile sulla piattaforma Netflix) per i miglior cortometraggio animato.
Una 93^ edizione sobria ma non in tono minore che ha prediletto storie drammatiche tremendamente attuali nonostante i diversi contesti storici in cui sono ambientante e in cui il desiderio normalità e ottimismo per il futuro si identifica nel twerking di Glenn Close, candidata senza successo per l’ottava volta come migliore attrice. Ma come disse qualcuno, la grandezza si premia da sola.
Andrea Persi