Di Valerio Sembianza
Il 24 aprile 1916, Lunedi di Pasqua, sette membri del Consiglio militare della Fratellanza Repubblicana Irlandese organizzano un’insurrezione armata in Irlanda per porre fine al dominio britannico e stabilire una Repubblica Indipendente Irlandese. La battaglia durò sei giorni prima che l’esercito britannico sopprimesse la rivolta e i ribelli accettando una resa incondizionata. In tutto, circa 500 persone furono uccise e 2.600 ferite durante la Rivolta di Pasqua, la maggior parte delle quali furono civili.
La miniserie “Rebellion” segue questo conflitto dal suo nascere attraverso gli occhi dei cittadini e dei soldati di Dublino, posti su entrambi i lati della barricata, con gli amici e le famiglie a combattersi gli uni contro gli altri.
Lo scrittore della serie, Colin Teevan, introduce una pletora di personaggi già nel primo episodio, così tanti che sarà quasi certamente complicato anche per gli spettatori più attenti tenere traccia di quello che sarà il futuro di tutti. Teevan mette in evidenza questi personaggi esclusivamente attraverso l’ideologia e il desiderio, una mossa necessaria considerando la quantità di narrazione che deve essere coperta, ma per una serie che almeno apparentemente dovrebbe trattare del rapporto tra i cittadini ordinari e gli eventi tumultuosi, la maggioranza dei personaggi resta sorprendentemente unidimensionale. I personaggi principali alla fine diventano abbastanza evidenti ma non esistono che nel loro mondo, nella loro funzione narrativa specifica.
Poco spazio viene lasciato alla comprensione dei dettagli politici della rivolta così come alle identità distinte dei volontari irlandesi; scelta comprensibile, giacché si tratta di una produzione nazionale che tende soprattutto a drammatizzare un evento importante della loro storia , ma che accoppiato con la massiccia portata del conflitto può rendere difficile la visione per chi non ne conosce il contesto storico.
Eppure, quando “Rebellion” trova un ritmo costante, soprattutto nel secondo e terzo episodio, la rivolta appare più che convincente, superando le imperfezioni della serie. Lo stile funzionale della regia è abile nel mostrare la maggior parte delle scene di battaglia, iniettando loro la tensione e la suspense necessaria. La fotografia si distingue offrendo una splendida cornice di un colore grigio malaticcio che ben contraddistingue quei giorni di rivolta. La scrittura di Teevan brilla a livello micro, in particolare nel modo in cui cattura fedelmente l’idea di come gli ideali possano vacillare di fronte a realtà più complesse.
L’intera serie si poggia sulla palpabile compassione per coloro che valorosamente hanno combattuto per la libertà e mira a dare la loro l’epicità che meritano, cercando di rappresentare non solo gli ideali che generarono una tale rivolta, ma come quegli stessi ideali possano avere conseguenze devastanti per il delicato tessuto sociale.
In conclusione forse si cerca di fare troppo in una sola volta, ma come la stessa Rivolta di Pasqua in sé, è il tentativo che merita molta attenzione.